Encefalite da zecca (TBE): pericolosa ma si può prevenire

L’encefalite da zecca (TBE), una delle malattie più pericolose trasmesse dal morso di zecche infette, ha fatto registrare negli ultimi 30 anni un aumentato dei casi di quasi il 400%.

 

La TBE si può manifestare con sintomi quali febbre, stanchezza, mal di testa, dolore muscolare e nausea. Nei casi più gravi la malattia può coinvolgere il sistema nervoso centrale e provocare sintomi neurologici a lungo termine, e in alcuni casi anche la morte.

Eppure, la conoscenza di questa malattia e dei rischi che comporta sono poco noti in Italia, così come le forme di prevenzione attuabili.

Lo conferma una recente ricerca svolta in 20 Paesi europei da GfK SE[1] per conto di Pfizer su un campione di oltre 50.000 intervistati di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Condotta in Paesi differenti per grado di endemicità (aree in cui la TBE è costantemente presente) la ricerca ha rilevato un grado variabile di conoscenza sia della malattia che delle forme di prevenzione.  In Europa sono presenti aree fortemente endemiche come la Finlandia, l’Austria, la Repubblica Ceca e parzialmente endemiche come l’Italia (in particolare il Triveneto), la Germania e la Svezia.

In linea generale, in tutti i Paesi endemici – di qualunque livello – il 63% degli intervistati conosce la TBE e il 43% degli intervistati sa anche che esiste un vaccino per prevenirla. In Italia la fotografia è molto diversa dalla media europea: 1 intervistato su 3 conosce la TBE (1 su 2 nel Triveneto) e 1/10 è a conoscenza sia della patologia che dell’esistenza di un vaccino per prevenirla;

Tutti gli intervistati ritengono, erroneamente, che la TBE possa essere trattata con gli antibiotici e che questi siano senz’altro almeno parte del percorso terapeutico.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) raccomandano la vaccinazione contro l’encefalite da zecca nelle zone in cui questa malattia è endemica[2]. È possibile adottare alcuni accorgimenti per tutelarsi (Indossare indumenti protettivi sui quali va spruzzato un insetticida appropriato, ispezionare bene il proprio corpo dopo le attività all’aria aperta, evitare il consumo di latte e latticini non pastorizzati nelle aree a rischio) e i medici sono l’interlocutore privilegiato per decidere o meno di vaccinarsi.

 

 

La ricerca:

GfK SE, ha intervistato per conto di Pfizer un campione di 53.383 adulti (età tra i 18 e i 65 anni) in 20 Paesi Europei. In Italia sono state intervistate 2.090 persone. La struttura e le quote del campione sono state disegnate per poter rappresentare statisticamente il profilo demografico del paese, sulla base dei dati eurostat di età, genere, stato occupazionale e regione, per ognuno dei Paesi partecipanti. Le interviste sono state condotte online tra il 19 luglio e il 19 settembre 2018. I dati della ricerca sono stati ponderati rispetto alle dimensioni dell’audience. La proprietà dei dati è di IPSOS 2018, tutti i diritti riservati.

[1] L’indagine quantitativa è stata condotta da GfK SE, avvalendosi della collaborazione di subappaltatori CINT, tra il 19 luglio 2018 e il 19 settembre 2018 per conto di Pfizer. Lo studio è stato finalizzato da Ipsos Germania, dopo che il dipartimento di Gfk Healthcare è stato acquisito da Ipsos nell’ottobre 2018.

 

[1] European Centre for Disease Prevention and Control – Tick-borne encephalitis – http://ecdc.europa.eu/en/healthtopics/emerging_and_vectorborne_diseases/tick_borne_diseases/tick_borne_encephalitis/pages/index.aspx

WHO – Tick-borne encephalitis –  http://www.who.int/immunization/diseases/tick_encephalitis/en/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *