EMOFILIA: NELL’ALLEANZA TRA MEDICO E PAZIENTE LA VERA INNOVAZIONE NELLA GESTIONE DEL PERCORSO TERAPEUTICO
Riuniti a Trieste i massimi esperti del mondo dell’Emofilia: comunità medico-scientifica, pazienti, donatori e industria uniti per discutere di terapia, cure personalizzate e accesso
Al via oggi presso il Savoia Excelsior Palace di Trieste il convegno “Emofilia. La certezza della cura”, un grande evento in una due-giorni rivolto alla comunità medico-scientifica e ai pazienti sui temi più attuali nel campo dell’Emofilia. L’evento, organizzato dall’azienda biofarmaceutica italiana Kedrion Biopharma, è occasione per fare il punto sullo scenario attuale dell’Emofilia, malattia rara che negli ultimi anni è stata attraversata da un cambio di prospettiva: al di là delle terapie tradizionali e delle nuove terapie, il dibattito verte oggi soprattutto sul ruolo del paziente, sempre più protagonista del percorso terapeutico. In Emofilia ogni paziente è un caso a sé stante e come tale va trattato: accesso alle cure e personalizzazione della terapia diventano quindi elementi reali e decisivi nel progresso della medicina rispetto a una malattia rara, congenita ed ereditaria, che colpisce soggetti di genere maschile, che può essere fortemente invalidante e che ha implicazioni con numerosi aspetti della vita sociale.
L’Emofilia A è una condizione emorragica ereditaria caratterizzata dall’alterazione del normale processo di coagulazione del sangue. Causata dall’assenza o dalla ridotta attività del Fattore VIII, colpisce complessivamente circa 3.500 pazienti in Italia. La terapia può essere di due tipi: “on-demand (al bisogno)”, per il trattamento di emorragie in atto, oppure “profilassi”, al fine di prevenire o di ridurre la frequenza degli episodi emorragici, sia a livello delle articolazioni sia nei casi più gravi che possono mettere a rischio la vita del paziente. In entrambe le tipologie, la terapia standard consiste nella somministrazione di Fattore VIII. Complessivamente, ad oggi, in Italia circa il 60-65% dei pazienti emofilici segue una profilassi continuativa.L’incontro di Trieste è occasione per “fare il punto” sulla terapia dell’Emofilia anche in considerazione dei nuovi prodotti che sono stati sviluppati negli ultimi anni. “Oggi è di grande rilevanza e attualità discutere e capire come utilizzare il Fattore VIII anche alla luce delle nuove terapie alternative, che possono forse competere ma soprattutto che possono anche associarsi o combinarsi ad esso – spiega la Prof.ssa Elena Santagostino, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano -. Il fiorire di nuove terapie rende ancora più necessario il confronto tra specialisti su questo tema. Per certe tipologie di pazienti, l’utilizzo del Fattore VIII – che si avvicina di più alla condizione fisiologica dato che si somministra la proteina mancante nell’organismo – ha e continuerà ad avere dei vantaggi rappresentando una terapia più modulabile rispetto a strategie più nuove e meno conosciute, che si basano su dosi fisse di farmaci, non modulabili, con una lunga durata d’azione, senza antidoto ma con effetto a lungo termine. Il Fattore VIII, anche in uno scenario futuro, è e resterà indispensabile per il trattamento dell’Emofilia A. Dal punto di vista della ricerca, sono in corso studi che stanno valutando eventuali ulteriori ruoli del Fattore VIII anche in settori che esulano dalla coagulazione, ad esempio nel mantenimento della salute e nel metabolismo dell’osso”.