FESTIVAL DELLA SCIENZA MEDICA. TERZA GIORNATA

Gattinoni: “parliamo di portatori sani, non di contagiati e cambieremo la percezione.
Non possiamo trasformare il mondo in una terapia intensiva. Dobbiamo ripensare il SSN”
Il Festival è su www.bolognamedicina.it o su https://piattaformaventiventi.genusbononiae.it/

 

Le terapie intensive e il dibattito sulla disponibilità numerica delle stesse è stato uno dei temi centrali durante il picco pandemico in Italia. “Ma costruire mega terapie intensive, come si legge sui giornali, è semplicemente irrealizzabile”: queste le parole del Professor Luciano Gattinoni, Gastprofessor all’Università di Göttingen, una delle autorità mondiali nel campo dell’anestesia per i suoi fondamentali contributi sull’innovazione tecnologica e per le sue conoscenze sugli stress respiratori, intervenuto oggi alla terza giornata del Festival della Scienza Medica di Bologna in programma – per la prima volta interamente on line – fino al prossimo 17 ottobre.
“Strumentazioni, attrezzature, personale medico specializzato e personale sanitario adeguatamente formato: le terapie intensive sono strutture complesse, la cui funzione è quella di mantenere attive le funzioni vitali compromesse dal supporto respiratorio a quello cardio-vascolare, dall’idratazione alla nutrizione. Occorrono un medico ogni sei letti, supportato da due infermieri, 24 ore al giorno: per tradurlo in numeri, ogni 100 letti di terapia intensiva necessitano di 92 medici e 350 infermieri, ciò che non è possibile avere oggi”.

Oltre ad analizzare gli aspetti legati alle terapie intensive, nel suo intervento il Prof. Gattinoni ha evidenziato altri tre temi a suo avviso centrali nel dibattito su Covid-19: la comunicazione, i trattamenti e il ruolo dei medici.
Sul ruolo dei media nella comunicazione al tempo della pandemia ha sottolineato come “ogni giorno sentiamo numeri, che nella maggior parte dei casi sarebbe più corretto definire “portatori sani” e non “contagiati”, termine che in medicina definisce il manifestarsi sintomatico della malattia e non il ruolo di semplice vettore del virus”. Una differenza linguistica con un impatto enorme a livello percettivo. “Ad oggi circa il 10% dei positivi viene ospedalizzato, di questi una frazione ulteriore, di pochi punti percentuali, va in terapia intensiva. La mortalità nei nostri reparti era sicuramente maggiore all’inizio: oggi, se il virus non ha mutato le sue caratteristiche, possiamo però dire che le terapie e l’assistenza sono nettamente migliorate”.

Sulle terapie, Gattinoni spiega che “non esiste un unico trattamento giusto, occorre adeguarlo a seconda dello stadio della malattia” e ha spiegato che il grave deficit respiratorio causato da Covid-19 viene trattato in terapia intensiva con sistemi che vanno dai flussi di ossigeno al polmone artificiale. “Noi interveniamo sul sintomo, in questo caso l’ipossemia, in attesa che i trattamenti eziologici e patogenici intervengano per eradicare la causa della malattia e sulle sue manifestazioni”. La Terapia Intensiva, ribadisce Gattinoni, è l’ultimo anello della catena: per questo il contenimento del numero dei contagi è indispensabile per evitare di intasare i reparti che “non possono crescere all’infinito: non possiamo pensare che tutto il mondo si trasformi in una terapia intensiva”. Gattinoni conclude il suo intervento appellandosi ad un profondo ripensamento del Sistema Sanitario, che punti sull’aggiornamento professionale costante “dell’ospedaliero, ma anche dei medici di medicina generale: solo così riusciremo ad affrontare, assieme a questa, le altre sfide cui con grande probabilità saremo sottoposti negli anni a venire”. 

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