IL BLU DI METILENE (MB), UNA NUOVA (E STRAORDINARIA) PROSPETTIVA SULLA TERAPIA DEL COVID-19

Solo la riprova della sperimentazione si frappone tra la fase infiammatoria e iper-infimmatoria da Covid-19 e quello che, sulla carta, promette di esserne l’antidoto più efficace.

La cura per fase infiammatoria del Covid-19 potrebbe essere qui.

 

 

 

Si tratta del Blu di Metilene (MB), un antico composto antisettico sintetizzato per la prima volta nel 1891, e a separarci da una sua applicazione concreta resta solo l’attuale mancanza di una sperimentazione sul campo.

Una fase cruciale, che i Medici di Milano Giulio e Giuseppe Augusto Scigliano, rispettivamente neurologo e odontoiatra, propongono di attivare tempestivamente di concerto col Ministero della Salute.

Ciascuno nel suo ambito, hanno studiato e applicato in concreto le potenzialità di questo antico farmaco.

Il Dott. Giulio Scigliano, infatti, lo ha analizzato per rispondere alla fase infiammatoria – lieve ma cronica – delle malattie neurogenerative (Alzhheimer, Morbo di Parkinson, Corea di Huntington); il Dottor Giuseppe Augusto Scigliano, invece, ne ha esplorato le caratteristiche cromatiche e le affinità per i tessuti ossidati.

Due percorsi diversi che convergono in un’intuizione univoca, ovvero la possibilità d’impiego di MB – a scopo preventivo ma anche terapeutico – rispetto alla fase infiammatoria del Covid-19, causa dei decessi e del collasso dei centri di Pronto Soccorso e dei reparti di degenza. Una tesi, la loro, già approvata e oggetto d’imminente pubblicazione sulla testata scientifica internazionale Medical Hypotheses.

Entrambi sottolineano l’efficacia antivirale di MB, comprovata da studi pregressi e ampiamente documentati, unito a un invidiabile profilo di tollerabilità, a fronte – per di più – di un costo assolutamente contenuto.

In particolare, tra i caratteri di MB idonei a fronteggiare la malattia, si evidenziano l’attività antivirale contro il Sars.CoV-2 (in presenza di raggi UV, ma recentemente dimostrata anche in loro assenza); la capacità di inibire l’azione ossidante dei radicali liberi (grazie alla doppia anima di accettore e donatore di elettroni); l’abilità nel combattere le tre categorie di sostanze causa della risposta iper-infiammatoria (ovvero l’anione superossido, l’ossido nitrico, le citochine alla base della c.d. tempesta citochinica).

La strategia di cura si tradurrebbe così in un’applicazione dal costo irrisorio e pressoché priva di controindicazioni.

Fatta eccezione dei soggetti affetti di favismo, o del caso di una contemporanea assunzione di psicofarmaci (da sospendersi per il periodo di trattamento), non esiste per il Blu di Metilene evidenza d’altre controindicazioni, salvo il colorito bluastro della minzione.

Da qui il dilemma; perché non verificare in concreto il funzionamento di un “teorema” che, in astratto, sembrerebbe promettere uno straordinario successo?

Nella teoria, le premesse ci sono tutte, col plus delle scarse controindicazioni e di un costo assolutamente sostenibile.

Se la sperimentazione si traducesse in una conferma della validità di questa proposta, si fornirebbero i medici di famiglia, primo momento di contatto con i pazienti, di un’arma straordinaria.

Non più inermi spettatori del passaggio che dal domicilio porta al sovraffollamento delle strutture ospedaliere, dotati di scarsi, deficitari strumenti quali paracetamolo e sciroppi per la tosse (o cortisonici ed eparine nei casi più urgenti), quanto freno al precipitare degli eventi.

Di facile reperibilità, dal prezzo contenuto (circa 8€ per l’intero ciclo, che facilmente scenderebbero a 4 nel caso di applicazione su vasta scala), MB si proporrebbe agile anche sotto il profilo della somministrazione, che potrebbe avvenire per via orale.

La crisi sanitaria è ora.

L’attuale situazione ci ha portato a un’emergenza inedita, senza ancora averci fornito soluzioni all’altezza del problema.

Le proposte mediche si sono dimostrate carenti, non solo sul piano dei farmaci prescritti, ma anche su quello delle relative tempistiche.

Intervenire quando la malattia è in fase iperinfiammatoria è intrinsecamente inutile, perché si agisce quando ormai citochine e radicali liberi hanno già prodotto il danno.

A dimostrazione di ciò, sono molti gli studi che hanno dimostrato come la malattia si aggravi proprio nel momento in cui la carica virale è ormai trascurabile. 

Un dato apparentemente paradossale: la risposta a un problema già risolto o comunque in via di risoluzione.

Se nella maggior parte dei casi, infatti, l’infiammazione risulta commisurata al problema da affrontare, senza ulteriori effetti sul lungo periodo, sono numerose le situazioni in cui questa viene attivata in eccesso, con iper-infiammazione dovuta a sovrapproduzione delle sostanze volte a uccidere il virus quando la carica virale è già divenuta trascurabile, col risultato di danneggiare tutti gli altri organi e tessuti dell’organismo.

È allora agendo con prontezza, al primo manifestarsi dei sintomi, che l’ipotesi dell’utilizzo di MB si mostra nel suo pieno potenziale: prevenendo cioè qual climax infiammatorio, tipico dei soggetti più fragili o immuno-depressi, che ha portato alla globale emergenza ospedaliera – ed economica – tristemente nota a tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *