Allergia al freddo? Non semplice insofferenza, ma vera e propria patologia

La Sindrome autoinfiammatoria familiare da freddo è una malattia della pelle genetica e
cronica che si manifesta quando il nostro corpo viene sottoposto a basse temperature.
Top Doctors® ha raccolto 3 casi limite registrati in giro per il mondo

 

 

 

 

L’inverno è ormai alle porte e, con il termometro in caduta libera, per
chi è “allergico” al freddo diventa un impresa persino lasciare il piumone per alzarsi dal letto alla
mattina. E, quando è necessario uscire di casa per recarsi al lavoro o per le commissioni
essenziali, cappotto, sciarpa e guanti si trasformano nei migliori alleati. Anche se nella stragrande
maggioranza dei casi l’avversione al clima più rigido è legata a una semplice insofferenza alle
basse temperature, l’allergia al freddo esiste per davvero, ed è a tutti gli effetti una patologia: il suo
vero nome è Sindrome autoinfiammatoria familiare da freddo, una malattia della pelle genetica e
cronica che si manifesta quando il nostro corpo viene sottoposto a basse temperature. I sintomi
principali? La comparsa di chiazze rosse che prudono a cui si accompagnano febbre, mal di testa,
ansia, stanchezza e, nei casi peggiori, svenimento, palpitazioni e respiro sibilante.
Top Doctors® (www.topdoctors.it), azienda specializzata in servizi tecnologici per la sanità
privata, come telemedicina, ricerca e selezione del miglior specialista, ha approfondito questa
patologia e raccolto 3 casi limite registrati in giro per il mondo. Vediamoli insieme.
Secondo quanto riportato dal The Journal of Emergency Medicine, un 34enne recentemente
trasferitosi in Colorado (USA) dalla ben più mite Micronesia, ha scoperto di soffrire di questa
condizione in maniera davvero traumatica. Appena uscito dalla doccia, il passaggio dalla
temperatura calda dell’acqua al freddo dell’esterno ha scatenato in lui una reazione allergica: è
stato ritrovato dai suoi familiari svenuto a terra, in pieno shock anafilattico, ricoperto d’orticaria,
con difficoltà respiratorie e pressione bassissima. A salvarlo è stato il tempestivo intervento dei
sanitari nel più vicino pronto soccorso, da cui è stato dimesso con la prescrizione di antistaminici,
un auto-iniettore di epinefrina e la raccomandazione di non esporsi al freddo.
Invece, stando a una notizia pubblicata dal Daily Mail nel 2019, Max Fisher, una ragazza poco più
che ventenne residente a Nottingham (UK), ha preso coscienza della sua malattia da
giovanissima, a soli 14 anni: dopo essersi seduta sull’erba bagnata, le esplose una forte reazione
allergica, che ha scatenato orticaria, problemi respiratori e mal di testa. Da quel giorno gli episodi,
caratterizzati da prurito, gola che si chiude e il rischio di uno shock anafilattico, si sono susseguiti
con sempre maggiore frequenza: per evitare che il freddo possa scatenare una reazione fatale,
quando esce di casa è quindi costretta a indossare una speciale maschera.
Un altro caso eclatante, riportato da diversi media nel 2018, è quello di Arianna Kent: anche lei
poco più che ventenne, vive a Edmonton (Canada) – non la migliore località per chi soffre di
questo malattia, visto che nella zona le temperature possono raggiungere i 40°C sotto lo zero. Per
la ragazza, non solo è complesso restare all’aperto per più di 5 minuti consecutivi, ma anche
altre azioni quotidiane, apparentemente normali, si rivelano un problema serio: aprire il frigorifero,
mangiare un gelato o tenere in mano un bicchiere con ghiaccio.

“La sindrome familiare autoinfiammatoria da freddo è una malattia ad eredità autosomica
dominante, caratterizzata da episodi di eritema cutaneo, febbre e dolore articolare che
segue l’esposizione al freddo. Gli attacchi di solito si manifestano 1-2 ore dopo
l’esposizione e durano meno 24 ore. Fa parte di un gruppo di malattie molto rare ed è
stata descritta soprattutto in gruppi familiari del Nord America e dell'Europa, ma sono stati
anche osservati casi sporadici. Si stima infatti che tali patologie colpiscano negli USA 1-2
soggetti per milione, mentre in Francia la stima è di 1 soggetto ogni 360000. Tuttavia, in
molte persone la diagnosi sfugge al medici, pertanto molti soggetti in realtà possono
soffrire di una di queste patologie senza saperlo” spiega la dottoressa Ginevra Menghi,
allergologa di Top Doctors®.
Quali segnali è importante non trascurare? E come capire se davvero si è affetti da questa
sindrome? “I campanelli d'allarme che ci possono fare sospettare questa patologia
sono: eruzione cutanea ricorrente, sensazione di stanchezza o debolezza, dolori articolari,
cefalea e/o sensazione di brivido, occhi irritati o arrossati e dolori muscolari. La diagnosi
viene effettuata principalmente tramite un’accurata valutazione della sintomatologia
clinica, e può essere confermata dall’identificazione di una specifica mutazione
genetica. Un altro test molto utile e di facile esecuzione che ci permette di effettuare una
prima diagnosi è il test del cubetto di ghiaccio: viene posto un cubetto di ghiaccio sulla
superficie volare dell’avambraccio, separato da essa tramite un sottile strato si plastica
(per non confondere eventuali reazioni con le forme di orticaria acquagenica), per la
durata di circa 10-15minuti; se il test è positivo dopo 3-4 minuti dalla rimozione del
ghiaccio appare l’eritema e il prurito, e dopo 10 minuti circa compaiono anche i pomfi”
conclude la specialista.

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