Disturbi ginecologici: quando rivolgersi al ginecologo nonostante l’emergenza sanitaria

Esistono condizioni che possono essere affrontate, almeno in una prima fase, senza un esame obiettivo ginecologico, per le quali è stata prevista una consulenza clinica mediante telefono o teleconsulenza. Altre sintomatologie non devono invece essere trascurate e richiedono il ricorso ad una visita ginecologica o ostetrica, anche ai tempi del Covid-19. Ne parliamo con il dottor Mario Mignini Renzini, Responsabile del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, del Gruppo San Donato.

 

 

 

L’insorgenza dell’epidemia da Covid-19 ha richiesto una riorganizzazione delle attività sanitarie, con una distinzione netta tra quelle urgenti e quelle programmabili. Al contempo i pazienti, spaventati da un possibile contagio, talvolta rinunciano ai controlli, anche quando necessari. Il dottor Mario Mignini Renzini, Direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia e Responsabile del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, del Gruppo San Donato, ci illustra alcuni esempi per orientarci tra i disturbi ginecologici lievi e quelli che non possono essere trascurati.

Disturbi ginecologici lievi che possono essere trattati a casa

“I mezzi tecnologici oggi a disposizione ci consentono di effettuare la parte “verbale” della consulenza clinica, prima di passare all’esame clinico o eventualmente strumentale.” spiega il dottor Mario Mignini Renzini.

“È importante rivolgersi sempre ad un professionista che pianifichi le strategie da intraprendere, evitando l’automedicazione, ma esistono alcune condizioni che possono essere affrontate – almeno in una prima fase – anche senza un esame obiettivo ginecologico.” prosegue il dottor Mignini Renzini. Tra queste l’informazione, la consulenza e l’orientamento per le metodiche contraccettive, la prescrizione di esami preconcezionali, le consulenze di inquadramento per le problematiche legate alla sterilità di coppia e la valutazione di alcune patologie comuni come ad esempio:

  1. Dolore pelvico cronico legato a ciclo mestruale doloroso, ma senza dolori ad insorgenza improvvisa o particolarmente forti e duraturi, né perdite emorragiche eccessive: può essere trattato con terapie non farmacologiche, quali l’applicazione della borsa dell’acqua calda, regolazione e controllo del transito intestinale, consumo di pasti leggeri, assunzione di integratori minerali quali il magnesio. In seconda battuta, a seguito di un confronto con il ginecologo di fiducia, si può ricorrere a un trattamento farmacologico con l’impiego di antispastici o farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) come ad esempio ibuprofene, naproxene, flurbiprofene;
  2. Atrofia vulvo-vaginale, disturbo molto frequente nel periodo della menopausa. Si può prevenire bevendo molto acquaevitando diete drastiche, osservando una corretta igiene, con prodotti testati e con PH 5,5. In caso di dolori durante i rapporti si possono usare lubrificanti a base acquosa, in attesa di potersi sottoporre a visita ginecologica;
  3. Infezioni vaginali (vaginiti), disturbo molto diffuso, spesso conseguente all’uso di farmaci che alterano la normale flora batterica vaginale, oppure ad alterazioni del transito intestinale che possono determinarne la cronicizzazione. Le infezioni vaginali si trattano mantenendo un’adeguata igiene intima e utilizzando lavande vaginali disinfettanti e capsule vaginali, che contribuiscono a riequilibrare l’ambiente vaginale.

Disturbi ginecologici da non sottovalutare

“Vi sono invece alcune sintomatologie che, anche ai tempi del Covid-19, non vanno trascurate, richiedendo ricorso ad una visita ginecologica o ostetrica presso lo specialista di fiducia o presso l’Ospedale e il pronto soccorso più vicini.” spiega il dottor Mignini Renzini. “Questi disturbi riguardano sia l’aspetto ginecologico in generale, sia gli aspetti più strettamente legati alla gravidanza”.

Alcuni dei disturbi ginecologici da non sottovalutare sono:

  1. Perdite di sangue abbondanti dai genitali tra un ciclo e l’altro;
  2. Dolore pelvico persistente o molto forte o associato a rialzo termico > 38°C;
  3. Perdite di muco vaginale eccessivamente abbondanti, di odore e colore differenti rispetto alla norma;
  4. Dolore e/orialzo termico > 38°C dopo un rapporto sessuale (dispareunia improvvisa);
  5. Addome insolitamente gonfio e dolorante;
  6. Mestruazioni molto dolorose e/o emorragiche;
  7. Interruzione del ciclo mestruale fino ad allora regolare per più di due mesi con test di gravidanza negativo, o episodi ripetuti di mestruazioni ravvicinate (ogni 15 giorni);
  8. Seno che cambia forma, che presenta noduli palpabili, o secrezioni dal capezzolo.

Gravidanza e sterilità: i controlli non rimandabili, neppure durante l’emergenza

Durante la gravidanza è necessario sottoporsi a controlli seriati per verificare che il decorso sia fisiologico. Le visite ed i controlli strumentali in gravidanza sono urgenti ed indifferibili anche durante l’emergenza sanitaria.” spiega il dottor Mignini Renzini. “Sintomi quali la perdita di liquido o sangue dai genitali, l’insorgenza di contrazioni, l’improvvisa diminuzione della percezione dei movimenti del bambino o uno stato di malessere associato a cefalea o a dolori addominali hanno la necessità di essere affrontati nel Pronto Soccorso Ostetrico di riferimento”.

“Anche nell’ambito delle problematiche legate alla sterilità di coppia vi sono percorsi che possono essere momentaneamente interrotti o gestiti mediante consulenza clinica telefonica, altri che invece non possono essere rimandati, ma richiedono il ricorso a trattamenti tempestivi.” conclude il dottor Mignini Renzini. “La terapia della sterilità è considerata un diritto delle coppie con problematiche riproduttive e ritardi eccessivi nel ricorso alle cure possono diminuire significativamente le possibilità di successo, per questa ragione i cicli di Procreazione Medicalmente Assistita con stimolazione ovarica già iniziata non possono essere interrotti, così come le procedure di crioconservazione della fertilità in pazienti oncologici”.

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