Accademia di Medicina di Torino: “Cento anni fa: luci ed ombre sulla scoperta dell’insulina”

di Piergiacomo Oderda

 

L’Accademia di Medicina di Torino organizza una seduta scientifica “on line” dal titolo
“Cento anni fa: luci ed ombre sulla scoperta dell’insulina”.

 

 

Il tema viene introdotto da Paolo
Cavallo Perin, professore di Medicina Interna all’Università di Torino nonché Presidente
della Società Italiana di Diabetologia dal 2008 al 2010. L’insulina è un farmaco salva vita
destinato ad una porzione di diabetici insulinodipendenti. In questi cento anni, l’uso si
allarga ad altri ambiti come i diabetici di tipo due, pazienti che necessitano di una
correzione della glicemia, in gravidanza.

 

Presenta il relatore dell’incontro, Massimo Porta,
anch’egli professore di Medicina Interna all’Università di Torino, già Segretario generale
della “European Association for the Study of Diabetes” dal 1999 al 2001. Accanto
all’attività clinica, si occupa di ricerca focalizzata sulle complicanze del diabete,
specialmente la retinopatia. I suoi studi spaziano dalla biologia molecolare fino
all’applicazione farmaceutica, all’educazione del paziente. Mantiene il gusto per le radici
storiche della diabetologia. Il percorso va collocato storicamente negli anni precedenti il
1921, quando la comunicazione tra laboratori è scarsa ed è difficoltoso accedere alle
pubblicazioni provenienti da tutte le parti del mondo. Massimo Porta introduce la sua
relazione sostenendo che la scoperta dell’insulina sia accompagnata da una situazione
controversa che vale la pena ripercorrere per trarne una lezione per il presente e il futuro
della ricerca. Propone ai partecipanti il caso clinico di un uomo di ventotto anni con
un’infezione all’occhio destro. Il malessere dura da una settimana. Il paziente è un ufficiale
a riposo con normale ciclo sonno/veglia, fumatore, sportivo. L’infezione è determinata da
una scheggia di osso infetto che lo colpisce mentre opera una dissezione in un paziente
deceduto per mastoidite. L’occhio si presenta gonfio con una secrezione di pus. La
glicemia è superiore a 200, ne consegue una diagnosi di diabete ma siamo nel 1919 e «le
possibilità della medicina erano più limitate». Si tratta del dott. Lawrence, i dati sono
raccolti dal suo articolo “I have lived for forthy years the life of a diabetic patient” (“Diabes”,
1961).
Cosa offriva la medicina? Oskar Minkowski (1858-1931) intuisce nel 1889 l’origine
pancreatica del diabete, insieme a Mering. Paul Langherans (1847-1887) studia
agglomerati di cellule del pancreas. La degenerazione delle cosiddette “isole di
Langherans” viene associata alla comparsa del diabete. Nel 1909 si inizia a parlare di
insulina. Il prof. Porta proietta uno studio dell’ospedale Rockefeller di NewYork nel 1918.
Si evidenzia come la mortalità decresce al crescere dell’età. Chi contrae il diabete nei
primi dieci anni di vita ha il 75% di probabilità di morire, la percentuale scende al 64% per
la fascia di età 20/29 anni in cui si trova il dott. Lawrence. Il diabete viene curato con una
dieta severa come indicato da Elliot P. Joslin e Frederik M. Allen. Si tolgono
progressivamente grassi, proteine e carboidrati per ritardare l’insorgenza del coma. Si
ottiene il risultato di prolungare la sopravvivenza da pochi mesi a più di un anno. I pazienti
incapaci di assorbire nutrienti deperiscono fino alla morte.
Il dott. Lawrence si trasferisce a Firenze dove riveste il ruolo di medico della comunità
anglosassone. La neuropatia periferica rende penosa la qualità della vita, non riesce
nemmeno ad accendersi una sigaretta! Riceve un telegramma nel 1923, il dott. Harrison
gli parla di “una nuova sostanza chiamata insulina” in arrivo dal Canada. Lawrence salta
sulla Fiat con un autista italiano e la “slide” mostra la Fiat 501 con cui impiega tredici giorni
per attraversare la Francia. Al King’s College Hospital di Londra, riceve la prima iniezione
di insulina che gli salva la vita.

 

 

Tornando indietro nel tempo, a London nell’Ontario, Frederik G. Banting (1891-1941) a
fine ottobre del 1920 sta preparando una lezione sul metabolismo dei carboidrati. Si nota
nella “slide” la pagina dei suoi appunti (in particolare il termine “Diabetus”), scritti
esaminando un articolo del chirurgo Barron. Una rara situazione di calcoli nel dotto
pancreatico causato l’atrofizzazione del pancreas preservando le isole di Langherans. Il
diabete in questo caso non compare. Banting pensa che se si fosse potuto legare il dotto
pancreatico, lasciando atrofizzare il pancreas, si sarebbe potuto estrarre la secrezione
interna. Va a Toronto, dove incontra John James Rickard Macleod (1876-1953), un
fisiologo di origine scozzese. Questi ascolta con condiscendenza l’idea del giovane
chirurgo che avrebbe consentito di risolvere un problema che da trent’anni assilla i
ricercatori. E’ necessario ottenere un estratto di pancreas efficace e non tossico. Gli affida
un laboratorio e uno studente di medicina, Charles Herbert Best (1899-1978). E’ il 17
maggio 1921. Le prime settimane si fanno esperienza nelle pancreactomie e nella legatura
dei dotti. Testano l’estratto ottenuto senza un preciso piano di lavoro ma pervengono ad
una quantità di estratto che riduce la glicosuria e mantiene in vita cani a cui era stato
estirpato il pancreas. Si perdono in esperimenti non pianificati correttamente per cui
coinvolgono un biochimico, James Collip al fine di chiarificare l’estratto e renderlo
utilizzabile nell’uomo. L’estratto viene provato sul paziente Leonard Thompson (23-1-
1922). Con la prima iniezione si ottiene un calo di glicosuria, la ripetizione delle iniezioni
consente il mantenimento del risultato raggiunto. Viene redatto uno studio a cura di
Benting, Best, Collip con i due medici che hanno in cura il paziente sul “The Canadian
Medical Association Journal” (1922). Macleod comunica i risultati il 3 maggio 1922 di
fronte ai principali diabetologi del tempo tra cui Allen e Joslin: si è ottenuto un estratto che
funziona nell’animale e nel paziente. Banting ora intende chiudere il rapporto con Macleod
accusandolo di volersi appropriare del merito della scoperta, «comincia un’animosità che
cresce negli anni successivi». Si ottengono risultati straordinari, bimbi tornano a vivere,
circolano immagini nel Nord America.
Si narra la vicenda di Elizabeth Hughes Gossett, figlia del Governatore di New York,
candidato repubblicano alle elezioni presidenziali del 1916 poi giudice della Corte
Suprema. A undici anni pesa 34 chili. Le viene prescritta una dieta di 500 calorie al giorno
per cui scende a 25 chili. Con una dieta a 1250 calorie risale a 30 chili ma quando
nell’inverno 1921/22 ridiscende a venti chili, la madre si rivolge a Banting. Avrà tre figli,
riceverà nel corso della sua vita (1907-1981) 42 mila iniezioni.
La scoperta dell’insulina è di dominio pubblico, occorre brevettare la sostanza. I ricercatori
non vogliono approfittarne economicamente, ricevono simbolicamente un dollaro a testa
Banting, Best e Collip mentre Macleod non si associa. La Lilly detiene i diritti per gli Stati
Uniti ma non per il resto del mondo. Commercia il prodotto con il nome “Iletin” mentre
“insulina” resta il nome generico. Il premio Nobel arriva nel 1923 a Banting e Macleod che
rispettivamente condividono il premio con Best e Collip, non citati.
La domanda chiave è se loro siano stati davvero i primi ad ottenere un estratto di
pancreas. Tre nomi cita il prof. Porta. Eugène Glay (1857-1930), professore alla Sorbona,
al meeting della Società di Biologia il 23-12-1922 apre una busta consegnata il 5-2-1905. Il
suo contributo si intitola “Sulla secrezione interna del pancreas e il suo utilizzo
terapeutico”. Studia dal 1891 l’induzione del diabete dalla pancreatomia osservando una
considerevole riduzione della glicosuria e un impoverimento dei sintomi del diabete
attraverso la somministrazione di estratti pancreatici.

 

 

Georg Ludwig Zuelzer (1870-1949) dimostra tra il 1905 e il 1908 che la somministrazione
parenterale di estratto pancreatico da equini, ovini e suini riduce la secrezione di glicosuria
in cani pancreatomizzati e in pazienti diabetici. Il nuovo estratto è estremamente potente,
la glicemia si riduce del 50%. Due cani sviluppano una severa ipoglicemia che li conduce
alla morte. Nel 1914 parte come medico sul fronte russo. L’ingegnere chimico Camille
Reuter chiede di continuare il progetto ma Hoffman-La Roche rinuncia per le difficoltà
causate dalla guerra, la breve durata degli effetti, la sorveglianza necessaria per evitare
l’ipoglicemia. Avevano un interesse maggiore per studiare farmaci a somministrazione
orale. Zuelzer ottiene nel 1932 una cattedra a Berlino per le malattie infettive.
Nicolae Constantin Paulescu (1869-1931) è un brillante scienziato. Nel suo manuale di
fisiologia medica (1920) descrive in dettaglio nel secondo volume gli effetti della
somministrazione di estratti pancreatici in cani pancreatomizzati in esperimenti condotti dal
1916. Il 31 agosto 1921 pubblica su “Archives Internationales de Physiologie” i risultati di
12 esperimenti. Un estratto acquoso riduce la glicemia, la glicosuria e l’acetonuria in cani
pancreatomizzati. Ottiene il brevetto in Romania. Quando viene a sapere della
pubblicazione di Banting e Best manda una lettera il 5 febbraio 1923. Chiede a Banting un
estratto della sua pubblicazione ma non ottiene risposta. Nella pubblicazione di Banting
(“The internal secretion of the pancreas”), si cita il lavoro di Paulescu asserendo che
l’estratto non abbia prodotto gli effetti desiderati. Paulescu muore nel 1931 ma nel 1969, a
cinquant’anni dalla scoperta, il prof. Pavel da Bucarest redige una lettera a Best chiedendo
di rendere giustizia alla memoria di Paulescu. Nel medesimo anno scrive al comitato del
premio Nobel ma il comitato pare non avere meccanismi tecnici per esaudire la richiesta.
Nel 2003 si organizza l’inaugurazione di un bassorilievo con i ritratti di Lancereux e
Paulescu a Parigi, nel contesto dell’International Federation of Diabetes, come documenta
“The Lancet”. Un fax proveniente dal Comitato Wiesenthal ammonisce che si tratterebbe
di dare un’onorificenza ad un noto antisemita rumeno. Nessuno sa che Paulescu abbia
fondato insieme a professori di altre facoltà la “Garda de Fer”, «un movimento che
attraverso pubblicazioni si era macchiato di propaganda antisemita».
Chi fu il primo a produrre insulina? Secondo I. Murray (“The search for insulin”, 1969) si
tratta di Zuelzer che è stato il primo ad avere un successo almeno parziale per l’estratto
pancreatico. Perde la cattedra nel 1933 in seguito ai provvedimenti antisemiti, lascia la
Germania l’anno successivo sul piroscafo con destinazione New York. Vediamo nella
“slide” il necrologio pubblicato sul N. Y. Times il 20 ottobre 1949. Il canadese Michel Bliss
a Toronto si è dedicato in modo approfondito a questa storia (“The discovery of Insulin”,
Chicago Press, 1982). Secondo lui, Banting e Best non hanno ottenuto risultati più degni
di nota di quelli ottenuti da Paulescu. E’ stato fondamentale l’aiuto di Collip. Il prof. Porta
mostra una foto del primo congresso della International Federation of Diabetes dove
appaiono affiancati Best, Joslin e Lawrence. In quell’occasione, nel menù del pranzo
sociale (6 luglio 1955), il dott. Lawrence si firma come “Roberto Lorenzo” ricordando i
tempi di Firenze. Infine, presenta il libro di cui Massimo Porta è coeditore insieme a Viktor
Jörgens: “Unveiling Diabetes – Historical Milestones in Diabetology” (ed. Karger). A fianco
compare l’editoriale in Acta Diabetologica “One hundred years ago: the dawning of the
insulin era” (https://doi.org/10.1007/s00592-020-01642-1).

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