POLICLINICO SASSARESE: PRIMI DUE INTERVENTI DI PROTESI D’ANCA CON CHIRURGIA ROBOTICA

Due i pazienti operati nei giorni scorsi, una donna di 66 anni e un uomo di 58. La mininvasività, un ridotto sanguinamento e un’ospedalizzazione breve (da 3 a 5 giorni) consentono un veloce recupero post-operatorio e l’avvio di una riabilitazione precoce

 

 

 

 

 

 

 Al Policlinico Sassarese eseguiti, per la prima volta in Sardegna, i primi due interventi di protesi d’anca con la chirurgia robotica. La struttura sanitaria di viale Italia amplia così la sua offerta nell’ambito dell’ortopedia con il sistema Mako, che combina l’utilizzo di un braccio robotico, su cui è montata una speciale fresa, con immagini in 3D, in abbinamento a una tecnica mininvasiva che consente di effettuare un’incisione a livello dell’inguine di soli 5-7 centimetri.

Due i pazienti operati il 15 aprile, una donna di 66 anni e un uomo di 58, già sottoposti a un percorso di riabilitazione che durerà circa 15-20 giorni. Erano affetti da artrosi dell’anca in stadio avanzato – una patologia causata da un’usura progressiva della cartilagine articolare dell’anca – con dolore severo e limitazione funzionale. Gli interventi sono durati circa un’ora e non si sono verificate complicanze.

Con questa tipologia d’intervento si sostituiscono la testa del femore e l’acetabolo, la parte cava del bacino in cui essa si inserisce, con componenti protesiche realizzate con materiali biocompatibili. La mininvasività, un ridotto sanguinamento e un’ospedalizzazione breve (da 3 a 5 giorni) consentono un veloce recupero post-operatorio e l’avvio di una riabilitazione precoce – a seconda dei casi, in reparto o in regime ambulatoriale – per poter tornare in poche settimane a svolgere una vita normale, senza più dolore.

Il robot

Il sistema consente di pianificare l’intervento nei minimi dettagli utilizzando un modello tridimensionale virtuale. Dieci giorni prima dell’operazione il paziente viene sottoposto a una tac del bacino. Il software acquisisce le immagini radiologiche, in base alle quali viene elaborato un piano d’azione che tiene in considerazione l’anatomia specifica di ogni paziente. Una volta in sala, gli specialisti utilizzano le indicazioni per intervenire con precisione millimetrica con la fresa posizionata sul braccio robotico, mentre una telecamera a infrarossi traccia in tempo reale le informazioni che riguardano la geometria dell’anca, la tensione dei legamenti e lo spessore delle cartilagini, al fine di ottenere una ricostruzione articolare ottimale.

Le nuove frontiere della chirurgia ricostruttiva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’équipe in sala era formata da Antonio Camporese, chirurgo ortopedico specializzato nella chirurgia di anca e spalla protesica mini-invasiva, robotica e artroscopica, dal suo collaboratore Jacopo Tagliapietra, entrambi del Policlinico di Abano Terme (Padova), e Francesco Masia, ortopedico del Policlinico Sassarese.

   “La chirurgia robotica dell’anca – spiega Camporese – è la nuova frontiera nel campo della chirurgia ricostruttiva e permette all’operatore di controllare e calibrare in modo ottimale parametri geometrici di fondamentale importanza per la stabilità dell’impianto protesico e per la lunghezza dell’arto. I primi casi al Policlinico di Sassari sono inoltre stati eseguiti con una tecnica mini-invasiva anteriore che prevede, per accedere all’articolazione da sostituire con la protesi, un’incisione a livello inguinale di circa 5-7 centimetri che non causa danno muscolare. Il connubio tra chirurgia robotica e mininvasività permette un rapido recupero post-operatorio e un tasso di complicanze estremamente ridotto”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“L’intervento di protesi d’anca con il robot – aggiunge Masia – è indicato per tutte le coxartrosi primarie o idiopatiche, che sono quelle che riguardano generalmente la popolazione con più di 65 anni, sia per quelle secondarie, correlate per lo più con morfologie articolari predisponenti. In particolare, è di grande aiuto per i pazienti con problematiche di dismetrie degli arti o conformazioni del femore e dell’acetabolo tali da rendere difficile la protesizzazione”.

Si interviene quando si riscontra un’usura completa del mantello cartilagineo articolare e i farmaci e la fisioterapia non sono più sufficienti a controllare il dolore e la difficoltà a camminare e a svolgere le attività quotidiane. “La diagnosi – prosegue lo specialista – è possibile la maggior parte delle volte con un’attenta anamnesi e con l’esame clinico, sebbene le indagini radiografiche del bacino risultino utili per la conferma della patologia”.

Riabilitazione precoce

Il programma riabilitativo ha inizio dopo 6 ore dal termine dell’intervento. Il fisioterapista effettua i primi movimenti con la nuova articolazione e a questo segue, a tolleranza del paziente, la possibilità di rimettersi in piedi e camminare con due stampelle.

“Un tema di fondamentale importanza – specifica Masia – è il controllo del dolore post-operatorio. Questo è gestito in modo ottimale grazie a protocolli concordati con l’anestesista. Sentire un po’ di dolore dopo l’intervento è normale, ma questo sarà tollerabile e non comprometterà la capacità di svolgere la fisioterapia”.

In terza-quinta giornata il paziente può essere dimesso, dopo aver concordato il percorso riabilitativo più adatto per lui. È possibile proseguire la fisioterapia presso l’Unità di Riabilitazione Funzionale in regime di ricovero o, in alternativa, tornare a casa ed eseguire la fisioterapia ambulatoriale.

Il successo dell’intervento dipende, infatti, in larga misura dalla riabilitazione post-operatoria, soprattutto nei primi giorni dopo l’operazione. Seguendo le indicazioni degli specialisti sarà possibile riprendere le normali attività quotidiane dopo poche settimane.

L’artrosi dell’anca

L’artrosi all’anca, o coxartrosi, è una patologia causata da usura progressiva della cartilagine articolare. Questo fa sì che le superfici articolari non siano levigate come dovrebbero e, quindi, non permettano all’articolazione di muoversi in modo adeguato, provocando dolore e limitazioni funzionali in comuni attività come camminare, vestirsi o fare le scale.

“È una delle patologie ortopediche più disabilitanti – sottolinea Masia – e interessa principalmente gli anziani. Nella popolazione generale esiste un rischio del 25% di andare incontro ad un’artrosi sintomatica dell’anca nel corso della vita. Il dolore può essere invalidante e limitare il paziente nelle proprie attività quotidiane.”

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