I CAN’T BREATHE BlackLivesMatterS In memoria di George Perry Floyd Jr di Giangiacomo Rocco di Torrepadula

Un progetto fotografico tra arte e neuroscienze per comprendere le radici del razzismo

presentato per la prima volta a MIA Fair.    da Paola Sosio Contemporary Art Milano.   con Chiara Ferella Falda

MIA Fair, 10°edizione 

dal 7 al 10 Ottobre orari 

Superstudio Maxi, Via Moncucco, 35 Milano

 

 

 

 

9 minuti, nove lunghissimi minuti è durata l’agonia straziante di George Floyd, l’Afro-Americano ucciso durante un arresto il 25 Maggio 2020, dopo che un poliziotto lo soffocò bloccandolo a terra con un ginocchio sul collo. Durante il soffocamento ripetutamente Floyd disse, seppur con flebile voce, che non riusciva a respirare,  “I can’t breathe…”.

Vedere il video, per l’autore fu scioccante. In quegli assurdi 9 minuti, il poliziotto ha calpestato l’anima di Floyd, con tutto il respiro interiore che poteva avere, sbattendola sul terreno e soffocandola, fino a che nulla è rimasto di quella fiamma. Nemmeno il suo fumo. Vedendo quelle immagini, l’autore immediatamente ha pensato alla sequenza di una candela privata della sua fiamma. Quella sera stessa ha creato la sequenza di questo artwork, primo di una serie di lavori, dove ognuno dei 9 scatti rappresenta ciascuno di quei drammatici 9 minuti.

Le 9 immagini presentate al MIA Fair sono una anteprima di un progetto internazionale multidisciplinare che prenderà vita a breve in una mostra di ampio respiro e un libro a cura di Luca Panaro. Il tema del pregiudizio razziale viene affrontato da Giangiacomo Rocco di Torrepadula con la sua sensibilità artistica ma anche con lo studio delle neuroscienze e il coinvolgimento di psichiatri e neuroscienziati che aiutino a comprendere i meccanismi che portano il cervello a provare odio, paura o peggio ancora indifferenza. Un approccio totalmente inedito, ben lontano dalla pura speculazione accademica dei talk show, che aggiunge un tassello fondamentale alla prospettiva già ampiamente nota delle cause politico socio-economiche del razzismo.

Il progetto vede anche il coinvolgimento attivo di tutti. L’autore ha lanciato un progetto partecipativo di mailing art “Una cartolina per Floyd”, tuttora in corso, con lo scopo di generare una riflessione corale sul problema. Chiunque può partecipare, durante i giorni del MIA o successivamente contattando direttamente l’artista, riempiendo una cartolina con pensieri-parole-disegni e qualunque cosa senta inerente al tema. Le oltre 200 cartoline finora pervenute, alcune delle vere e proprie opere d’arte, faranno parte del progetto itinerante dell’artista e del libro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il progetto nasce con il supporto e la condivisione di Luca Panaro e di Chippendale Studio.

 

I Can’t Breathe

testo di Luca Panaro

“…. L’intento di Giangiacomo Rocco di Torrepadula è stato quello di coinvolgere altre persone ad agire contro il pregiudizio e l’odio razziale, indirizzando la sua azione al mondo dell’arte. 

Nella serie “I Can’t Breathe” ha realizzato quindi nove immagini, corrispondenti ai minuti in cui l’agente di polizia ha tenuto premuto il suo ginocchio sul collo di Floyd, provocandone il soffocamento.

Nove fotografie in cui il nero avvolge buona parte della superficie dell’opera, fino a conquistarla nella sua interezza. Se la fotografia documentaria informa, sovrapponendosi ad altri canali di comunicazione, l’immagine metaforica suggerisce, inducendo una riflessione corale. Sì perché è questo che Giangiacomo Rocco di Torrepadula ci sta dicendo. Partecipate! Attraverso le nove fotografie veniamo chiamati in causa, siamo invitati a prendere parte al racconto, spronati a uscire dalla nostra comfort zone…”

 

 

 

 

 

 

Giangiacomo Rocco di Torrepadula

Giangiacomo Rocco di Torrepadula (nato a Napoli, 1966) è un artista visuale e un fotografo. Il suo lavoro si focalizza principalmente sui temi dell’odio e del pregiudizio, in particolare razziale.

Prima di diventare un artista, Giangiacomo è stato uno startupper seriale nell’ambito della salute digitale. Ha vissuto diversi anni a San Francisco, dove ha potuto vedere dal di dentro alcuni dei casi più noti che hanno dato vigore al movimento BlackLivesMatter.

E’ stata un’esperienza scioccante, che lo ha condotto ad investigare questi problemi, non solo sotto un profilo storico e sociologico, ma anche dal punto di vista delle neuroscienze, approccio inedito che sta svolgendo a livello internazionale, per esplorare i meccanismi che generano stereotipi e pregiudizi, e come questi possano addirittura portare a crimini di odio.

Ha esposto nei primi anni 2000 da Giovenzana, con due personali a cura di Lanfranco Colombo.

Philippe Daverio lo inserisce nel suo libro “13×17: 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte italiana” edito da Rizzoli (2007).

Vive in Franciacorta dove si trova il suo studio e lavora in tutto il mondo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *