Lo stress da pandemia può influenzare il benessere di mamma e bambino, agendo a livello di DNA
Dai dati preliminari di ConfiNATI (progetto MOM-COPE) di
Fondazione Mondino IRCCS di Pavia, le madri hanno un rischio più
elevato di ansia e depressione post parto e gli effetti dello stress
materno possono finire “sottopelle”, modificando il funzionamento
del DNA del piccolo e alterandone lo sviluppo.
Si intitola ConfiNATI (studio scientifico MOM-COPE),
l’innovativo progetto di ricerca che Fondazione Mondino IRCCS, l’Istituto
neurologico nazionale con sede a Pavia, ha avviato da aprile 2020 con l’obiettivo di
indagare i potenziali rischi per la salute materno-infantile dovuti al contesto
pandemico ed evidenziare i meccanismi psicobiologici (comportamentali ed
epigenetici) che legano lo stress vissuto in gravidanza con il benessere di madri e
bambini nei primi dodici mesi dopo il parto.
Il progetto, finanziato dal Ministero della Salute e con il contributo di Fondazione
Roche per la Ricerca Indipendente, è coordinato dal dottor Livio Provenzi,
psicologo, ricercatore e psicoterapeuta e coinvolge 50 collaboratori e dieci
neonatologie nel Nord Italia geolocalizzate in città fortemente colpite dalla pandemia,
tra cui Milano, Brescia, Pavia, Piacenza e Lodi.
A più di un anno dall’inizio del monitoraggio, dai dati preliminari in un campione di
più di 300 donne emerge che valori più elevati di stress legato alla pandemia si
associano a un più alto rischio di sviluppare sintomatologia depressiva e
ansiosa dopo il parto. In più, i maggiori livelli di ansia osservati in queste donne
sembrano ridurre il senso di legame e vicinanza verso il proprio bambino e
aumentano lo stress legato al ruolo genitoriale.
Tuttavia, lo stress da pandemia non incide solo sul benessere materno, ma anche
sul primo sviluppo dei piccoli: è stato riscontrato infatti, che gli effetti dello stress
materno possono finire “sottopelle” e avere un legame indiretto sullo sviluppo fetale
e sul benessere futuro del bambino. Nei bambini nati durante la pandemia, infatti,
l’esposizione allo stress potrebbe aver influenzato lo sviluppo delle capacità di
essere calmati, di prendere sonno, o di prestare attenzione all’ ambiente circostante
nei primi mesi di vita.“Si tratta di variazioni che non sembrano superare la soglia di preoccupazione
per comportamenti problematici – chiarisce la dottoressa Serena Grumi,
collaboratrice del dottor Provenzi nel progetto ConfiNATI (studio scientifico MOM-
COPE) – Tuttavia ci raccontano di come, ancora prima di nascere, l’ambiente in cui
la madre porta avanti la gravidanza diventa parte integrante della storia di vita del
bambino. Possiamo quindi identificare una traiettoria di rischio nascosta, che mina la
salute materno-infantile a livello della popolazione generale ed è necessario che
questi dati informino al più presto strategie di prevenzione e cura con interventi mirati
che raggiungano le famiglie e il territorio”.
La gravidanza è infatti un periodo di grande suscettibilità e sensibilità allo stress. “Le
esperienze traumatiche o stressanti vissute dai genitori – spiega il dottor Provenzi,
responsabile del Progetto – possono avere effetti indiretti sullo sviluppo fetale e sul
benessere futuro del bambino. Questi effetti dipendono dal fatto che il nostro DNA
non è completamente immutabile e stabile; anzi, il modo in cui funziona dipende in
larga misura dalle esperienze di vita”. In altre parole, il nostro DNA sarebbe capace
di imparare dall’ambiente in cui viviamo, modificando il modo in cui produce proteine
e neurotrasmettitori fondamentali per il benessere psicofisico. Gli scienziati si
riferiscono a questa capacità del DNA di apprendere dall’esperienza con il termine
“epigenetica comportamentale”. Uno dei meccanismi epigenetici è la metilazione del
DNA, un processo biologico per cui alcune porzioni dei geni inclusi nel DNA possono
venire progressivamente spenti o silenziati, diminuendo la disponibilità di specifiche
proteine o neurotrasmettitori.
Il progetto ConfiNATI suggerisce che i neonati di donne che hanno vissuto più alti
livelli di stress durante la gravidanza in rapporto alla pandemia mostrino
maggiore tasso di metilazione in corrispondenza di un gene coinvolto nella
regolazione della serotonina, un neurotrasmettitore molto importante per il
benessere emozionale. Inoltre, dati in corso di pubblicazione suggeriscono che una
elevata metilazione di questo gene si associ – tre mesi più tardi – a una minore
capacità del bambino di esprimere tonalità affettive positive (sorrisi, risate) e una
minore disponibilità del bambino a coinvolgersi in scambi sociali. In altre parole,
come sottolinea il prof. Renato Borgatti, responsabile della Struttura Complessa di
Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Fondazione Mondino IRCCS – “È
possibile che in un periodo come la gravidanza in cui madre e bambino sono
intimamente connessi a livello biologico, lo stress materno possa passare attraverso
la placenta, raggiungere il feto e programmare almeno in parte il benessere futuro
del bambino attraverso meccanismi di tipo epigenetico”.Questi risultati ovviamente dovranno essere confermati da studi futuri, ma ci
mostrano ancora una volta come madre e bambino siano intimamente connessi, ben
prima della nascita. Inoltre, se è vero che i bambini nati durante la pandemia
possono mostrare difficoltà di regolazione degli stati emotivi o di disponibilità
all’interazione sociale allora è importante avviare e rafforzare i programmi di
monitoraggio e di supporto alla salute materno-infantile.
“La pandemia che stiamo vivendo entra a fare parte della nostra storia e della nostra
esperienza; e questa viene scritta con molto probabilità nel DNA di ciascuno di noi” –
prosegue il dottor Provenzi “Queste ricerche ci aiutano ad assumere una prospettiva
diversa nella cura di madri e bambini: una prospettiva che parta dall’idea di un
apprendimento continuo della nostra biologia”. A maggior ragione, sarà importante
aiutare questi bambini a fare apprendimenti che li aiutino a riscrivere o ri-annotare il
proprio genoma con nuove esperienze caratterizzate da cure sensibili e rispetto delle
loro peculiari individualità.