IL TUMORE DELLA PROSTATA: NOVITA’ NON INVASIVE NELLA DIAGNOSI PRECOCE

La ghiandola prostatica, nel sesso maschile, è l’organo più colpito da patologie tumorali sia benigne che maligne e il carcinoma prostatico è la causa più frequente di decesso per cancro nell’uomo. In Europa vengono diagnosticati ogni anno circa 190.000 nuovi casi, di cui più di 15.000 solo in Italia. Il carcinoma prostatico costituisce l’11 % di tutti i casi di cancro nell’uomo e rappresenta il 29% delle nuove diagnosi di tumore negli uomini e ha un’incidenza comparabile a quella del carcinoma della mammella nelle donne.  In base agli attuali studi epidemiologici un uomo su sei è candidato a sviluppare il cancro della prostata nel corso della propria vita, rischio aumentato se ci sono casi di neoplasia prostatica in famiglia (familiarità).

l’incremento dell’incidenza e della prevalenza procede di pari passo con l’aumentare dell’età la quale è strettamente correlata con il rischio di sviluppare questa patologia. La prevalenza del carcinoma prostatico è l’unica così fortemente legata all’invecchiamento, questo dimostra quanto sia importante il controllo urologico con l’avanzare dell’età. Nei paesi della Comunità Europea, il tasso d’incidenza del carcinoma prostatico è di 55 casi per 100.000 abitanti e quello di mortalità di 22,6 decessi per 100.000 individui. La determinazione routinaria dell’antigene prostatico specifico (PSA) è probabilmente la causa di questo aumento di incidenza e ha portato a scoprire carcinomi asintomatici e preclinici in pazienti sempre più giovani; la mortalità invece non è aumentata in uguale misura.

L’eziologia del carcinoma prostatico è multifattoriale, è la sommatoria di fattori genetici ed ambientali, l’età e lo stato ormonale del soggetto. Tra i fattori di rischio ambientali giocano un ruolo fondamentale le abitudini alimentari.  Osservazioni recenti suggeriscono che un eccessivo apporto calorico e lipidico, possa avere un ruolo concausale. La bassa incidenza del carcinoma prostatico nelle popolazioni asiatiche potrebbe pertanto dipendere dalla tipica dieta a basso contenuto lipidico e ad alto contenuto in fibre e fitoestrogeni, che a loro volta potrebbero svolgere un ruolo protettivo.

La sopravvivenza dei pazienti con cancro della prostata dipende da un certo numero di fattori fra i quali spicca fra tutti la diagnosi precoce. Il riscontro di valori elevati di PSA e o la difficoltà ad urinare sono generalmente i segni ed i sintomi che spingono il paziente ad effettuare una prima visita urologica, occorre tenere presente però che il tumore alla prostata è generalmente asintomatico.

Per fornire una diagnosi precisa ed aumentare l’accuratezza non basta un solo esame. Da qui nasce il termine di diagnosi integrata, ovvero la necessità di integrare più metodiche in modo da affinare la diagnosi di una eventuale patologia pensando al singolo paziente come unico e diverso da ogni altro.

Il mezzo diagnostico più comune è la determinazione del PSA (antigene prostatico specifico) nel sangue che però ricordiamo non essere tipico del tumore ma dell’organo. Questo significa che non tutti i pazienti con un PSA totale elevato sono affetti da carcinoma prostatico; d’altro canto il 15% dei soggetti affetti da neoplasia prostatica hanno un PSA totale <4 ng/mL, specialmente nei casi di familiarità. Altri fattori causa di rialzo del PSA sierico sono l’ipertrofia prostatica, infezioni o semplice massaggio prostatico Questo significa che può risultare elevato sia nei tumori che nelle infiammazioni.  Sono state quindi proposte alcune variabili per affinare questo parametro. Ad esempio la PSA VELOCITY, che rappresenta l’incremento del PSA totale in rapporto al tempo. Negli uomini affetti da carcinoma si ha un aumento annuale del PSA totale più rapido rispetto agli uomini senza neoplasia. Ancora, la PSA DENSITY che indica il rapporto tra il PSA totale e le dimensioni della ghiandola prostatica: nei pazienti con una ghiandola prostatica di volume aumentato a causa dell’ipertrofia possiamo quindi trovare valori elevati di PSA.

Tradizionale e ben conosciuta è l’esplorazione rettale. Un aumento di consistenza, un indurimento della prostata percepibile alla palpazione per via transrettale, può essere un segno di neoplasia prostatica. In diagnosi differenziale si annoverano prostatiti granulomatose, iperplasia prostatica e calcoli prostatici.

L’ecografia prostatica transrettale, o TRUS, è importantissima in quanto fornisce informazioni alla stadiazione locale della neoplasia prostatica ed è utile nell’esecuzione della biopsia prostatica. Il carcinoma prostatico, se visibile, si evidenzia come una lesione ipoecogena solitamente nella zona periferica della prostata. L’ecografia transrettale permette anche una misura abbastanza accurata del volume prostatico, necessaria per il calcolo della PSA density.  Il flusso ematico attraverso i vasi della ghiandola prostatica può essere valutato grazie all’ecografia con Color o Power Doppler. Poiché nel carcinoma aumenta la vascolarizzazione, causa la neoangiogenesi, questa tecnologia può aumentare sensibilità e specificità dell’ecografia.

Altro esame diagnostico è il Prostate Cancer Antigen 3 (PCA3 o DD3), misurato nelle urine, che risulta iperespresso nel 95% dei carcinomi prostatici e poco presente in caso di tessuto fisiologico o IPB: il PCA3 risulta 66 volte maggiore nel tessuto tumorale rispetto che nella sua controparte non neoplastica.

Tecnica attualmente utilizzata nella diagnosi è la RISONANZA MAGNETICA MULTIPARAMETRICA che fonde sequenze anatomiche dette T2 pesate, sequenze con contrasto (DCE-MRI) e sequenze detti di diffusione (DWI e ADC). Diversi studi dimostrano che la MRI multiparametrica sia in grado di identificare foci di carcinoma nella prostata, in particolare in pazienti con pregresse biopsie negative e valori di PSA costantemente elevati. L’altissima risoluzione di questa tecnologia permette di distinguere il tessuto periferico sano della ghiandola da quello neoplastico. La classificazione usata è conosciuta come PI-RADS, varia tra valori di 1 e 5 e richiede una buona esperienza del medico radiologo nel campo della risonanza magnetica per un suo corretto utilizzo.

Da alcuni anni è nato un nuovo filone di indagine: la diagnostica elettromagnetica. La moderna diagnostica elettromagnetica con ESO-PROST, è una metodica priva di invasività e molto accurata nell’individuare anche alterazioni anche molto piccole che sfuggono alle altre analisi. Questa tecnica è totalmente non invasiva, infatti la sonda viene appoggiata esternamente al paziente. Inoltre, usando onde elettromagnetiche a bassissima intensità, con potenza centinaia di volte inferiore al telefono cellulare, è frequentemente ripetibile. La sua forza è la capacità di individuare i pazienti sani: questo significa che se il risultato dell’esame è negativo la probabilità che non vi sia tumore è superiore al 95%. Ovviamente se il responso è positivo, il paziente dovrà continuare nel percorso diagnostico classico.

I principali vantaggi sono:

–          Esame veloce: ogni analisi necessita di circa 10 minuti, con il paziente comodamente sdraiato.

–          Non invasivo: la Sonda viene appoggiata al corpo del paziente, in corrispondenza della zona anatomica di interesse per l’indagine clinica, senza alcuna penetrazione.

–          Non pericoloso: il segnale emesso è nel range delle radiofrequenze, pertanto il sistema NON adotta radiazioni ionizzanti. Il livello della radiazione è al massimo di 100 mW (paragonabile a quella di un radiocomando a media/lunga portata), di gran lunga al di sotto della potenza irradiata da un comune cellulare.

In caso di una diagnostica elettromagnetica positiva, una DRE positiva, un PSA sierico elevato o della loro combinazione bisognerebbe procedere nell’iter diagnostico con una biopsia prostatica. I campioni (cores) bioptici vengono prelevati sotto guida ecografica da tutta la zona periferica della prostata, non solamente dall’area alterata apprezzabile all’esplorazione rettale o all’ecografia. Tradizionalmente solo 6 (sestanti) campioni venivano estratti durante la metodica. Esiste poi la possibilità di eseguire biopsie prostatiche con molti più prelievi anche dette biopsie di saturazione. La procedura dura in genere 10-20 minuti, può essere eseguita ambulatorialmente in anestesia locale (spesso si preferisce combinare l’anestesia locale con una sedazione per evitare inutile dolore al paziente). Paura comune a molti pazienti è che la biopsia prostatica possa causare una diffusione metastatica della neoplasia, in realtà questa eventualità non è mai stata riscontrata. In casi specifici in cui la risonanza magnetica multiparametrica riconosca solamente un’area specifica sospetta per malattia, è possibile eseguire una biopsia con tecnica FUSION MRI: questa tecnica consente di fondere in tempo reale le immagini ecografiche e di risonanza magnetica (precedentemente acquisite) in modo da eseguire dei prelievi bioptici mirati solo nelle aree identificate come sospette.

In un’epoca dove il paziente, e non la malattia, è il centro della Medicina, è di vitale importanza integrare diversi sistemi diagnostici in modo da ottenere il percorso migliore per il paziente stesso. Evitare indagini inutili o invasive, e lo stress che ne deriva, è parte integrante di una medicina che cerca di curare il paziente, nella sua totalità, più che sconfiggere la malattia. Inoltre, le nuove terapie mininvasive e focali, sarebbero più efficaci se la malattia venisse individuata precocemente e con dimensioni ridotte: ciò aumenterebbe le chance di una guarigione rapida e senza i ben noti effetti collaterali.

2 pensieri riguardo “IL TUMORE DELLA PROSTATA: NOVITA’ NON INVASIVE NELLA DIAGNOSI PRECOCE

  • 13/08/2017 in 14:40
    Permalink

    Buonasera,
    Cortesemente potete indicarmi nome e/o telefono del medico che in Sardegna esegue la diagnostica elettromagnetica con Eso-Prost?
    Molte grazie e cordiali saluti.
    Sara M.

    Risposta
  • 27/03/2018 in 23:24
    Permalink

    vorrei eseguire l esame elettromagnetico per il tumore prostatico. si chiama trim probe? dv e si esegue ? io abito al sud a Benevento dove posso eseguirlo ?

    Risposta

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