STUDIO DELLA FONDAZIONE MULTIMEDICA SUL MIDOLLO OSSEO QUALE ORGANO CHIAVE DELLA FRAGILITÀ

Il progressivo invecchiamento della popolazione è un fenomeno demografico che preoccupa, a causa dell’aumento atteso di malattie legate alla terza età. Ma anche molti anziani “sani” sono spesso fuori forma, non autosufficienti e incapaci di far fronte ai cambiamenti della vita e allo stress, sperimentando la cosiddetta “sindrome della fragilità geriatrica”, un decadimento funzionale e cognitivo che contribuisce ad aumentare il rischio di malattia e di morte, e che finisce con l’assorbire un’ampia fetta di risorse del sistema sanitario nazionale. I meccanismi alla base di questa condizione, che affligge il 15% degli over 65 italiani, sono ancora avvolti da molta incertezza. L’ipotesi al vaglio di uno studio della Fondazione MultiMedica Onlus, con il supporto di Fondazione Cariplo, è che un midollo osseo “guasto”, in cui le cellule riparative non funzionano più come dovrebbero, sia la causa della fragilità e quindi di un invecchiamento in qualche modo accelerato.

 

Se ne è parlato oggi, presso l’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni, nel corso del convegno “L’anziano fragile: dai meccanismi molecolari alla presa in carico clinica”. Durante l’evento sono stati discussi anche gli ultimi avanzamenti di un ulteriore progetto di ricerca che vede insieme Fondazione MultiMedica e Fondazione Cariplo, sulla “proteina anti-invecchiamento”, la BPIFB4 e la Longevity-Associated Variant.

“Finora nessuno studio specifico ha dimostrato l’associazione tra la disfunzione del midollo osseo e la fragilità”, spiega il professor Paolo Madeddu di Fondazione MultiMedica. “L’obiettivo del nostro progetto è proprio quello di mettere in relazione le alterazioni quantitative e funzionali delle cellule riparative presenti nel midollo osseo e in circolo nel sangue con la fragilità, misurata attraverso un questionario standard riconosciuto a livello internazionale. Proponiamo poi di intervenire con l’esercizio fisico e la terapia nutrizionale, per invertire il circolo vizioso che porta all’inattività, alla mancata forma fisica e alla disabilità”.

“Attualmente stiamo arruolando i pazienti”, illustra Gaia Spinetti, biologa della Fondazione MultiMedica. “Per ogni paziente facciamo una stima dell’indice di fragilitàsecondo i criteri dello score di Rockwood, un punteggio da 0 a 40 che tiene conto dell’indipendenza nello svolgere le attività della vita quotidiana, di una valutazione psico-sociale, di eventuali comorbidità, dello stato mentale e di quello nutrizionale, della capacità polmonare e della forza muscolare. Da 0 a 16 abbiamo un indice di fragilità lieve, da 16 a 27 moderato e da 27 a 40 severo. Cercheremo poi di capire se ai diversi livelli di fragilità misurati nei pazienti corrispondono specifiche caratteristiche del midollo osseo. Ci aspettiamo di rilevare nei pazienti più fragili una diminuzione della quantità di cellule riparatrici midollari e circolanti. Auspichiamo, inoltre, che gli interventi nutrizionali e di esercizio fisico correlino invece con un aumento delle cellule riparative, indicando un recupero della funzionalità midollare. Un primo dato preliminare già emerso è l’effettiva associazione inversa tra il livello di attività fisica e la fragilità: più esercizio si pratica, meno si è fragili”.

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