LE OPERE DI MARINA PALMIERI

Gennaio 2020: Marina Palmieri espone all’androne della Biblioteca Civica L. Mastronardi, Vigevano, con la Mostra «L’ISTANTE NEL CAMMINO DELLA VITA».

 

Dal 3 al 31 Gennaio 2020 Marina Palmieri espone le sue opere nella Mostra personale «L’ISTANTE NEL CAMMINO DELLA VITA» presso la Biblioteca Civica L. Mastronardi, con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Città di Vigevano.

In questa mostra, Marina Palmieri espone una selezione scelta delle sue opere pittoriche sul tema dell’istante, con un richiamo evocativo all’attenzione interiore verso l’istante stesso, vissuto più o meno consapevolmente, o più o meno fugacemente. Recita infatti, in una sorta di stilizzazione pre-pittorica, il brevilineo “incipit” reso in forma letteraria dalla stessa Marina Palmieri all’interno della locandina ufficiale della mostra: «Accogliere l’istante, la sua tinta. Scorre la vita e resta la corolla degli istanti.».

 

Gli aspetti di quella “corolla degli istanti” che l’autrice-artista Palmieri va ripercorrendo nelle sue opere pittoriche (due delle quali in formato grande / medio-grande) vengono proposti in un loro iniziale introduttivo ‘svelamento’ affidato alle titolazioni – niente affatto casuali – delle singole opere.

Una di queste – l’opera che nell’esposizione di Marina Palmieri riveste un ruolo centrale – è «Tra cyber-timori e memoria della tenerezza.» (formato: circa 80×80 cm.): è un manufatto di “pensiero pittorico” dalle onde lunghe dei tempi: le onde della memoria e, sì, della commozione per una tenerezza che è stato dato di conoscere e di vivere, e nel contempo le onde in arrivo della svolta quasi antropologica in chiave cyber-tech, una svolta che attira ma può anche atterrire, con i timori e gli sgomenti che pressoché inevitabilmente, prima che poi, essa comporta per le intelligenze e le sensibilità più fini del genere umano. Questo stare tra «cyber-timori» e «memoria della tenerezza» è affidato a una figurazione piuttosto articolata, verosimilmente realistica negli intenti di partenza – vedasi parte del volto della figura centrale, i visi paffutelli dei bimbi sorridenti che vengono richiamati dalla memoria, le tonde bacche rosseggianti e, ancora, i vari piccoli pesci vaganti nella bolla d’identità della già richiamata figura centrale – ma che nel progredire della composizione narrativa va ad assumere in modo manifesto una strutturazione espressionistica. Ma c’è di più, giacché, man mano che i pennelli della Palmieri vanno componendo altri tratti di quella narrazione, siamo trasportati nella ‘virata’ dall’espressionismo al simbolico, un “decisamente simbolico” (che, a detta dell’autrice, funge anche da sintesi della narrazione, e che dunque con “un oculato poco” sta a raccontarci molto): si veda per esempio il nero cordone-con-pallino sotto al mento della figura centrale, o, ancora, il nastro volteggiante con tanto di “occhio terzo” che insidia lo sguardo della creatura che resta e resiste nel suo primo piano, e, nondimeno, la grossa goccia che va scendendo sulla gota sempre della figura umana (lei e la sua memoria di tenerezze che serba strettamente nella sua mente, nel suo essere coscienza), figura in parte ancora intensamente umana e, viene da chiedersi (si noti, dalla fronte in su del volto sempre centrale, un certo avveniristico sviluppo di tratti di fisionomia in chiave human-tech) “chissà per quanto ancora.”

A fianco troviamo «La festosa consapevolezza delle lacrime in uscita.» ove, ancora, e in questo caso con insistita corposità colorica, rileva la proiezione mentale (proiezione che solo poi, solo in seguito, decide di ‘corporizzarsi’ come proiezione anche in chiave ‘raffigurativo-pittorica’) di un vissuto di “sollievo” attraversato con consapevolezza netta, festosa appunto; su questo stesso punto della “festosità” si veda in particolare la parte destra dell’opera, con i coloratissimi ‘tubi’ che divengono essi stessi provviste mentali per il raggiungimento di quel sollievo e, più precisamente, divengono veicoli – veri e propri strumenti di trasporto – per il viaggio di fuoriuscita delle lacrime.

Sulla stessa linea visiva, troviamo «I loved you. // Ti amavo, una volta.»: qui, come spiega la stessa Marina Palmieri, emerge un “istante di condensazione” fermato, rappreso, nel volto raffigurato come pensoso, racchiuso in sé ed infinitamente pallido, e il volteggiare dei segni che sono fermati in quel volto (ovvero nello stato d’animo che pare trasparire da quel volto, forse ombra di “altro da Sé”) viene rappresentato in un suo moto di fuga da quello stesso volto; emerge altresì, nella stessa opera, lo “stacco” di cifra cromatica tra i diversi piani compositivi, uno stacco che evidentemente è in se stesso un linguaggio, una narrazione di quanto rappresentato. E tuttavia, in questa stessa rappresentazione di moti di distacco e di “stacco”, si distende sulla composizione un complessivo senso di pacificazione, in senso irenico, ove del vissuto dal quale è stato operato il distacco non resta alcuna aspettativa, nulla da attendersi e da attendere.

Meno conciliativo è invece l’istante che erompe dall’opera «Fondale dell’azione: contrapposizioni.», che come spiega la stessa autrice Marina Palmieri «è un istante all’apice di forze contrapposte», ovvero «l’istante definitivo, decisivo, di uno scontro oltre il dialettico», che si svolge nel fondale dell’intimo (l’intimo umano, giacché solo apparentemente il fondale è “astratto” e, ancora, solo molto parzialmente alcune zone di quel fondale possono dirsi di tipo faunistico/naturalistico); qui siamo in presenza di un tumulto, un tumulto finale, che chiama la coscienza al discernimento, all’azione, alla scelta.

Quanto all’opera «La danza del Sistema Numerale Binario. Ovvero: Numeri Binari in the sky.» (realizzata su un legno recuperato di circa 130×30), il primo “colpo d’occhio” va sicuramente all’effetto di animata, smossa, sofficità dell’insieme, e qui siamo in presenza di uno sfondo “vellutato” sul quale si svolge il morbido dialogo del sistema numerale binario 1.0 / 0.1 (sistema matematico che ha ‘origine antica’ nella storia e nell’evoluzione dell’elettronica digitale) con la floridezza di robusti petali e fiori, il dialogo con un’energia quasi esuberante del verde rigoglio della Terra, quel rigoglio che – con evidenza di tratto e di corposo cromatismo – volteggia qua e là nei vari spazi di quest’opera artistica. Elemento altrettanto rilevante sul piano pittorico – rilevante sul piano della proiezione visiva nella dimensione della profondità – è l’effetto di “immersione cosmica”, poiché la danza così delineata di quel dialogo tra numeri binari, petali, fiori si svolge immersa in un blu cosmico. «È un dialogo suggeritore di un’armonia possibile – così la stessa Marina Palmieri in uno dei commenti su questa sua opera –, un’armonia in realtà già resa possibile da intelligenze che sanno coniugare la dimensione matematico/tecnologica con gli elementi primari del pianeta Terra, dunque un progetto di consonanze che è espressivo di volontà particolarmente sensibili all’equilibrio di quell’armonia.». Sempre in quest’opera, il visitatore potrà inoltre notare quanto intenzionalmente lieve e discreto sia l’aspetto pittorico dei numeri binari “1” e “0” (per esempio nei tratti di pennellate traslucenti), «lieve e come ‘in punta di piedi’ – spiega Marina Palmieri – a rappresentazione di una segnica arte matematica che ami stabilire e mantenere un armonico rapporto con gli elementi naturali, sullo sfondo di quel profondo blu del cielo.».

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