DISTURBI ALIMENTARI: NELL’ANNO DELLA PANDEMIA AUMENTANO I CASI TRA I GIOVANISSIMI

Secondo i dati di alcuni dei centri multidisciplinari affiliati ADIsia pubblici che privati, si è registrata una crescita media del 30% delle diagnosi, con un abbassamento della fascia di età  e un incremento dei casi di anoressia nervosa.

Tra i fattori scatenanti: l’isolamento sociale, le incognite sul rientro a scuola, il distanziamento forzato dai coetanei, la paura del contagio associati spesso alla perdita di controllo e al maggior tempo a disposizione per concentrarsi sull’immagine di sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Così come era prevedibile durante la pandemia da COVID-19 è aumentato il numero delle diagnosi di Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA). A evidenziarlo sono alcuni dei centri multidisciplinari, sia pubblici sia privati, affiliati ADI – Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione clinica, dove nell’ultimo anno (febbraio 2020 – febbraio 2021) i casi di disturbi alimentari sono  aumentati  in media del 30% rispetto allo stesso periodo  2019-2020, con un abbassamento della fascia di età (13-16 anni) e un incremento delle diagnosi soprattutto di anoressia nervosa.

I dati di questa prima fotografia del fenomeno, scattata dall’ADI in occasione della “X Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla” – dedicata alla sensibilizzazione e alla prevenzione dei DNA – sono ancora parziali, ma preoccupanti.

“I disturbi alimentari sono determinati da diverse concause di natura biologica, psicologica, sociale sui quali agiscono altri fattori scatenanti come situazioni particolari di stress – spiega Carmela Bagnato, segretario ADI – Il lockdown ha favorito soprattutto nei ragazzi l’instaurarsi di alcuni di questi fattori scatenanti quali l’isolamento sociale, le incognite sul rientro a scuola, i dispositivi e le  regole di prevenzione, il distanziamento forzato dai loro coetanei, la paura del contagio che si associa  spesso alla sensazione di non avere il controllo della situazione.  Tutte le  condizioni menzionate conducono ad  un  aumento delle restrizioni alimentari o, all’opposto, a un aumento degli episodi di alimentazione incontrollata, portando a una maggior concentrazione sull’immagine di sé, lasciando più tempo a disposizione per riflettere  e porre  maggior attenzione al corpo (e quindi al cibo e all’attività fisica) e all’emergere di comportamenti disfunzionali (sia in eccesso che in difetto)”– aggiunge la dott.ssa Bagnato.

 

Secondo i ricercatori del King College di Londra, la quarantena produce effetti psicologici negativi tra cui sintomi di disturbo post-traumatico da stress (PTSD), confusione e rabbia. Lo studio, pubblicato su The Lancet, rileva che questi impatti psicologici possono essere di lunga durata con effetti particolarmente rischiosi sui bambini e gli adolescenti.

“I disturbi alimentari se non riconosciuti in tempo e non curati in modo appropriato possono diventare cronici e nel peggiore dei casi portare alla morte –  sottolinea Massimo Vincenzi, componente per ADI del Tavolo Tecnico del Ministero della Salute per la riabilitazione nutrizionale dei disturbi alimentari – Sia le persone obese che le persone sottopeso con un disturbo alimentare hanno normalmente un rischio maggiore di sviluppare complicanze mediche associate alla malnutrizione; tali rischi potrebbero aggravarsi in presenza di COVID-19. Rischi che inducono a ripensare e  rivedere le strategie terapeutiche nell’ambito dei DA in questo lungo e difficile periodo e a intensificare i trattamenti psicologici online, cercando, per quanto possibile, di dare il massimo spazio a terapie virtuali intensive”.

“È utile sottolineare che i disturbi alimentari non sono scelte di vita più o meno bizzarre, ma importanti disturbi mentali che possono indurre chi ne è affetto ad assumere limitatissime quantità di cibo o viceversa ad abbuffarsi in modo incontrollato – precisa Annalisa Maghetti, Presidente ADI Emilia Romagna – La diagnosi precoce e il trattamento multidisciplinare sono le uniche strade da percorrere per contrastare l’aumento di queste patologie. Una diagnosi di disturbo alimentare è una situazione di straordinaria rilevanza che sconvolge il funzionamento personale dei pazienti e del gruppo familiare. Per questo le figure parentali non sono da biasimare, ma possono invece diventare valide alleate dei pazienti e degli operatori durante il percorso di cura, se sostenute ed indirizzate adeguatamente soprattutto in un periodo difficile come questo”. 

Secondo i dati più recenti del Ministero della Salute in Italia sono circa 3 milioni i giovani che soffrono di Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA) di cui il 95,9% sono donne e il 4,1% uomini. L’incidenza dell’anoressia nervosa (AN) è stimata per il sesso femminile in almeno 8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno, e fra lo 0.02 e 1.4 nuovi casi nel sesso maschile. Quella della BN è stimata in almeno 12 nuovi casi per 100.000 persone, in un anno per il genere femminile e di circa 0.8 nuovi casi per 100.000 persone, in un anno per il genere maschile.

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