IVI diffonde i nuovi dati sulla fecondazione assistita e inaugura una Clinica di III livello a Roma

L’esplosione della crisi sanitaria ha reso più difficile per le coppie recarsi all’estero per accedere ai trattamenti di PMA.

L’apertura della nuova clinica IVI di III livello consente ai pazienti di effettuare l’intero trattamento di fecondazione assistita in Italia.

L’infertilità in Italia riguarda il 15% delle coppie (fonte: ISS), ma da un’indagine commissionata da IVI è emerso che ¼ degli intervistati non ha idea della diffusione del fenomeno.

La ricerca ha dimostrato una scarsa conoscenza delle tecniche di PMA consentite in Italia, il 18% degli intervistati conosce il social freezing ma ritiene che non sia praticato in Italia.

 

 

 

 

In Italia la fecondazione assistita è un campo della medicina ancora poco conosciuto. Infatti, anche se l’ultimo bilancio demografico tracciato dal bollettino dell’Istat registra un nuovo record negativo di nascite nel 2019, con un calo di oltre 19 mila unità rispetto all’anno precedente (-4,5%), nel nostro Paese le conoscenze in merito alle tecniche di PMA, al social freezing, alla diffusione della sterilità di coppia, sono ancora molto basse. Questo è quanto ha dimostrato lo studio commissionato da IVI all’IVI diffonde i nuovi dati sulla fecondazione assistita e inaugura una Clinica di III livello a Roma che ha preso in esame un campione di 614 individui di entrambi i sessi tra i 25 e i 44 anni, nell’arco di tempo compreso tra il 31 agosto e l’11 settembre 2020. Ad esempio, solo 2 intervistati su 10 dichiarano di aver sentito parlare di congelamento degli ovociti e sono al corrente del fatto che venga praticato in Italia. Un ulteriore 18% lo conosce ma non ritiene non si pratichi in Italia, 4 su 10 non sanno se si pratica o meno in Italia e il restante 20% non lo conosce affatto. La predisposizione a ricorrere alla fecondazione assistita, nel caso ipotetico in cui si desiderasse avere un figlio e non si riuscisse ad ottenere una gravidanza in modo naturale, resta invariata rispetto allo scorso anno, con un 51% degli intervistati che vi ricorrerebbe. Un dato interessante emerge riguardo la fecondazione eterologa: rispetto all’indagine svolta lo scorso anno, questa tipo di trattamento sembra aver avuto una crescita di propensione nel segmento della popolazione dei 25-44enni.

Alla luce di questi dati e dopo cinque anni di intensa attività del primo Centro IVI a Roma, IVI ha ritenuto opportuno rafforzare la propria presenza nella Capitale italiana con l’apertura di una nuova Clinica di terzo livello, abilitata all’esecuzione di tutti i trattamenti di fecondazione assistita consentiti dalla legislazione italiana.

“Cerchiamo di venire incontro a una richiesta che con l’esplosione del Covid-19 è diventa ancora più urgente – ha affermato Daniela Galliano, direttrice di IVI Roma – dal momento che la crisi sanitaria ha reso più difficile accedere ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita, non solo per il blocco intervenuto nella prima metà dell’anno su tutti i procedimenti di PMA, ma anche perché intraprendere un viaggio all’estero, in questo periodo, rappresenta una difficoltà per la maggior parte dei nostri pazienti.”

“In più – ha proseguito la dott.ssa Galliano – è probabile che dovremo convivere con il virus SARS-CoV-2 ancora a lungo. Il tempo è un fattore che assume un ruolo di primo piano quando si parla di fecondazione assistita. Quindi, dato che nel lungo termine, rinviare o ritardare un trattamento di PMA può incidere negativamente su alcuni gruppi di pazienti infertili, abbiamo deciso di agire subito con l’apertura della Nuova Clinica IVI di III Livello. In questo modo i pazienti potranno effettuare l’intero trattamento di fecondazione assistita presso la nuova Clinica IVI di Roma, seguiti dalla medesima equipe medica durante tutta la durata del percorso.” “Per me questo è un traguardo molto importante – ha concluso Daniela Galliano – dal momento che anche il rapporto empatico e psicologico che si crea con i pazienti rappresenta una componente fondamentale per la riuscita del trattamento. Dunque, poter rimanere fisicamente accanto ai miei pazienti, dal primo all’ultimo giorno del loro percorso verso la genitorialità, per me ha un valore davvero inestimabile.”

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